Orchestra Aperta
Laboratorio di musica d’insieme
Liberi percorsi tra improvvisazione e composizione
Direttore Paolo Damiani
Il laboratorio si rivolge a strumentisti e cantanti interessati all’improvvisazione musicale; i partecipanti esploreranno tecniche diverse per fare – e imparare a far fare – musica in piccole e grandi formazioni utilizzando l’improvvisazione : improvvisare vuol dire concepire e suonare musica nell’attimo stesso in cui essa nasce e si evolve, significa comporre nell’istante .
Il laboratorio prevede la creazione collettiva, in grande ensemble, di eventi fatti sia di materiali composti – dal docente e dagli iscritti – sia di percorsi più liberi, inventati e sperimentati insieme.
Il workshop è aperto a strumentisti e cantanti di qualsiasi genere musicale, è rivolto anche ai principianti ma prevede anche la presenza contemporanea di musicisti di livello medio o avanzato.
Non è obbligatorio saper leggere la musica.
Il workshop può concludersi con un concerto
POSSIBILI TRACCE DI LAVORO
– Il rapporto tra composizione e improvvisazione.
– Il rapporto tra suono e testo, recitato e cantato.
– L’organizzazione dei materiali, analisi di simboli di uso comune.
– Forme aperte, la direzione chironomica.
– Costruzione e distruzione del testo.
– L’invenzione melodica, lo spazio del rumore e del silenzio.
“Il Ritmo Interiore”
Laboratorio di musica e danza
“… Ogni canto è composto per una determinata danza, danza e canto rimangono sempre uniti tra loro: essi derivano da un’identica forza, l’IMPLUSO MOTORIO.”
Studi in proposito potrebbero aprire nuove vie alla storia della musica. In questo momento essi però sono difficili a compiersi, poiché in generale nelle opere sui popoli primitivi ci si limita a descrivere le danze senza riportarne la musica. D’altro canto i musicologi trascrivono le note trascurando di fornire indicazioni sulle danze relative…
Non ha importanza che una determinata danza abbia una determinata melodia, poiché ciò che interessa è solo il rapporto generale fra il movimento di danza e la musica di un popolo” (Curt Sachs, “Sulla civiltà degli Andamani”).
“Il ritmo interiore” vuole rappresentare un importante momento di incontro fra studenti e artisti che si esprimon con linguaggi diversi ma fortemente interrelati: DANZA e MUSICA.
L’unione di musica e danza rientra nel discorso più generale del rapporto tra le arti, fa parte di una relazione che tende a considerare le arti tutte figlie di una stessa ‘Madre’. Esse sono aspetti differenti di un’unica avventura umana, derivano dalle stesse fonti e nascono da motivazioni simili: si differenziano solo nell’uso di materiali diversi.
Se appare ‘naturale’ che il danzatore si serva della musica, di un suono con cui stabilire relazioni e da cui trarre stimoli ritmici ed unità metriche, gli studi di Sachs, Combarieu, Dumesnil ed altri hanno dimostrato come anticamente anche la musica non potesse esistere se non come elemento di un fatto artistico più complesso, multimediale, fatto di suono e gesto ed immagine.
Proprio la ricerca di questa unità archetipa, ha portato avanti artsisti come Cunningham, Cage e Rauschemberg a collaborare inventando sin dagli anni ‘40 la pratica della ‘performance’ (è dal 1947 “Theatre piece nr.1, una composizione di musica, poesia, pittura e danza attualmente considerata il vero inizio dell’happening e degli spettacoli mutlimedia di tutti i tipi).
L’unità storica di canto e danza sembra poter contare su un’unità fisiologica. Come rileva il musicologo Gianfranco Salvatore “René Dumesnil ha fatto notare che l’orecchio non ha solo una funzione uditiva ma è anche l’organo che presiede il snso dello spazio e dell’equilibrio. La localizzazione nell’orecchio degli organi le cui funzioni presiedono alle due arti del ritmo nel tempo, musica e danza, non è fortuita. Origine fisiologiche e storiche sembrano identificarsi in esse”.
“Nell’estetica dei popoli antichi – osserva ancora Gianfranco Salvatore – il legame tra musica e danza era ben più stretto ed organico di quanto le nostra sensibilità moderna, educata alla parcellizzazione dell’esperienza artistica in ‘generi’ possa farci credere”.
E’ lecito pensare che il primo strumento musicale dell’uomo sia stato il proprio CORPO: egli batte il suolo con i piedi e con le mani fa risuonare il proprio ventre. Così facendo produce insieme suono e movimento, così facendo risale alle origini della musica e della danza.
“Il ritmo interiore” pone l’accento sul ritmo come ‘elemento primo’, un punto di partenza comune su cui lavorare. Esso ha un’origine antica e certo anteriore alla nascita della musica, e nella natura e nel nostro corpo (l’alternanza giorno-notte, il battito cardiaco, il respiro). Il nostro cammino cerca il proprio ritmo e così il nostro lavoro.
Quando Danzatori e Musicisti collaborano, sono costretti a stabilire un linguaggio comune, che spesso trovano sul sentiero del ritmo: Accelerando, Rallentando, l’alternanza Suono-Silenzio o quella Movimento-Stasi hanno a che fare col ritmo. Così come la Ripetizione, la reiterazione di una frase o sequenza, l’Unisono.
Il ritmo interiore rappresenta l’elemento sotterraneo di sintesi tra i diversi linguaggi, perché interiore è la motivazione che deve sottendere queste operazioni didattico-artistiche. La musica e la danza intervengono autonomamente e senza rapporti di subordinazione a realizzare una sintesi che trova in sé stessa le ragioni della sua validità. La relazione tra i due elementi sfugge ad ogni velleità narrativa per seguire criteri più liberi e dove l’Accostare o il Contrastare viene stabilito secondo i dettami di una motivazione interiore. Siamo in quel campo che porta Giuseppe Bertolucci a parlare di ‘attraversamenti specifici’ di ‘liberi criteri di ricerca’. Sentieri interiori in cui cercare ‘affinità e contiguità’, una terra che è insieme ‘luogo del lavoro e del massacro, dove competitività e isolamento, ordine e irregolarità si danno la mano’.
Interiore perché intuitivo: nell’invenzione artistica c’è sempre un’inizio prerazionale, presemantico, si tratta di combinare immagine che per definizione sono in questa fase INCOMUNICABILI. Il prodotto artistico in questa sperimentazione didattica può al fine non essere né musica né danza, ma forse qualcosa di più e di meno al tempo stesso. Di meno perché non ci sono risultati autodefiniti all’interno di una disciplina, di più perché si aprono improvvisi spiragli immaginari e sonori, come delle sonde di cui si sa il punto di partenza e non quello di arrivo. Si tratta di immaginare nuove connessioni, mettere in realzione ciò che prima non lo era.
Componendo simultaneamente musica e danza e estendendo all’una i metodi compositive dell’altra.